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L’informazione locale al tempo dei social, Giulietti a Padova: “Nessun contributo a chi aggira le norme”

Analisi, riflessioni, confronti e proposte concrete. Per mantenere la centralità dell’informazione quale presidio democratico irrinunciabile anche al tempo dei social. Anzi, soprattutto al tempo dei social, quando paradossalmente insieme al moltiplicarsi delle fonti e dei flussi delle notizie, si sono moltiplicate anche le bufale, le fake news, e le manipolazioni e vi è una richiesta sempre maggiore – che come giornalisti, abbiamo il dovere di intercettare – di credibilità, affidabilità,  autorevolezza, vale a dire di informazione di qualità.

  Una mattinata intensa quella di oggi, 20 novembre, nell’austera cornice dell’Archivio Antico dell’Università di Padova, nell’ambito delle iniziative per i 120 anni dalla fondazione dell’Assostampa padovana, una delle associazioni provinciali del Sindacato giornalisti del Veneto (Sgv), nato nel 1895, terza realtà associativa più longeva dei giornalisti dopo quelle romana e lombarda.

  Nel corso del direttivo straordinario di Sgv, i lavori coordinati per l’occasione dal “padrone di casa” Stefano Edel, presidente della Padovana, di sono articolati in due momenti.

Il primo dedicato all’analisi con le relazioni di Monica Andolfatto, segretaria regionale di Sgv, Roberto Reale, giornalista e docente universitario, ex caporedattore della Rai del Veneto, esperto in social media e del presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), Giuseppe Giulietti. Il secondo con il confronto diretto sui temi proposti fra i direttori dei quotidiani tradizionali presenti in città: Roberto Papetti  de Il Gazzettino, Paolo Possamai de Il Mattino di Padova e Alessandro Russello de Il Corriere del Veneto.

  Andolfatto ha fotografato la realtà di un settore e di una professione in crisi profonda, in cui i taglio degli organici pare essere l’unica ricetta messa in campo dagli editori non tanto per un rilancio, bensì per una sopravvivenza nemmeno a lungo termine. Il giornalista oggi è sempre più vecchio, con carichi di lavoro più pesanti a fronte di stipendi più “leggeri”, a cui vengono richieste skill, abilità multimediali, alcune delle quali tecnico-informatiche, dopo l’avvento del digitale. Il lavoro è sempre meno dentro le redazioni e subordinato, e sempre più fuori, “autonomo”, e sottopagato.  E quindi precario. In ogni caso sottomesso al ricatto occupazionale e di conseguenza meno libero. L’informazione di qualità costa, non vi è alcun dubbio. Ed è giusto che costi. E’ un bene, un servizio pubblico che va tutelato: perché non proporre sul modello del canone tv, un canone smartphone, una tassa di scopo minima, da destinare agli editori che rispettano le regole, per nuove assunzioni professionalizzanti e “vendono” giornalismo di qualità, di inchiesta, di approfondimento?

  Reale ha richiamato il patto fra mondo dell’informazione e della ricerca sancito con il protocollo d’intesa fra Fnsi, Sgvi e Ateneo patavino per un sapere inclusivo in grado di andare oltre le fake news e le parole d’odio, e di fornire gli strumenti necessari per riconoscere e smascherare le manipolazioni. Un percorso avviato con un seminario che si è tradotto con l’imminente pubblicazione di un volume a più voci, e che proseguirà con un corso universitario di alta formazione, sullo sfondo di un laboratorio permanente. Reale ha quindi delineato l’ecosistema del consumo, della fruizione della notizia. E se siamo abituati a prodotti che hanno la loro unitarietà, con un menù, un palinsesto fisso, deciso da altri, come succede nei media tradizionali, occorre renderci conto che tutto questo sta finendo. Il campione dei suoi studenti, che non considerano il giornalismo un valido sbocco occupazionale e puntano alla comunicazione aziendale, seguono l’informazione sulle pagine fb dei giornali, e di volta in volta vanno a pescare anche in maniera casuale, quello che gli interessa,  non comperano quotidiani, e si affidano più ai loro gruppi whatsapp  o alle loro community. Che fare? Il giornalista non deve farsi travolgere dalla velocità, dal rincorrere il primato del clic, deve trovare il tempo per avere cura per ciò che fa, deve riuscire a sancire un’alleanza con i lettori, interagire con loro, ma non per finta, garantire degli standard qualitativi e di contenuti che facciano la differenza rispetto al mare magnum della Rete.

  Giulietti dopo aver ricordato che negli anni Settanta Padova era la capitale dell’informazione con ben cinque giornali quotidiani, è andato dritto al cuore del problema: “Oggi si vuole sopprimere la funzione critica del giornalismo. Stiamo attenti perché nello stato sovranista la figura del giornalista non è prevista. I contributi all’editoria intesa come garanzia di pluralismo sono costituzionalmente garantiti. E a chi afferma che i diocesani o le testate di cooperative non vanno sostenuti dallo Stato, va ricordato che i prepensionamenti altro non sono che contributi statali che negli anni hanno sovvenzionato tutti gli altri giornali. E anche oggi. Ma sia chiaro la Fnsi dice no ad altri prepensionamenti senza assunzioni, equo compenso, e nuove norme per contrastare il precariato e assicurare l’autonomia all’Inpgi. E non lo fa in un convegno bensì è e sarà un’azione quotidiana. Su queste basi va aperto il confronto sull’editoria da subito sapendo che senza conflitto non ci sono mediazioni: la Fnsi presenterà le sue proposte al governo e al sottosegretario Martella. Ma sia chiaro nessun contributo deve più andare a chi aggira le norme in materia di contratti, previdenza, diritto di autore”. Giulietti, infine, ricollegandosi alla collaborazione con l’Università di Padova, ha auspicato che l’esperienza possa avere una portata nazionale, chiedendo di invitare all’avvio del laboratorio la senatrice a vita Liliana Segre, affrontando il tema delle modalità di contrasto al linguaggio dell’odio.

  Nel suo saluto il presidente dell’Ordine dei giornalisti del Veneto, Gianluca Amadori, ha ribadito che l’informazione professionale non può puntare al ribasso dando cittadinanza alla spettacolarizzazione e alle chiacchiere da bar. Gettare al vento la credibilità non premia, al contrario. E in questo i direttori hanno un ruolo fondamentale.

 Vivace la tavola rotonda, moderata da Edel, appunto fra i direttori dei maggiori quotidiani non solo cittadini ma anche regionali, chiamati a dibattere sul ruolo dell’informazione locale nell’era dei social. Papetti ha affermato che i giornalisti non sono più i sacerdoti della notizia e che quindi il profilo professionale deve cambiare nonostante resistenze culturali nelle redazioni a utilizzare il web, ammettendo però anche responsabilità degli editori e pure dei direttori. La domanda di informazione è cresciuta, specie quella locale: la notte dell’acqua alta che ha devastato Venezia il sito del Gazzettino ha registrato oltre un milione di contatti. Possamai ha ribadito che nella piattaforma multicanale, l’unico canale che genera cassa è la carta, ponendo una domanda dirimente: il soggetto stampa è in grado di essere autosufficiente economicamente? Se il giornale è una infrastruttura fondamentale per la tenuta democratica, un bene prezioso e non sostituibile, ecco che l’impresa editoriale diventa sociale, e se scompare, i vari mister Google e Fb dove andranno a rubare i contenuti che veicolano e contribuiscono ai loro fatturati miliardari? Russello ha attaccato la scelta di diffondere gratis le notizie sul web affermando che gli editori per primi hanno svuotato il valore “mercantile” del prodotto informativo che costa, eccome se costa. Chi ci racconterà l’inchiesta del Mose un domani se non c’è più il sistema editoriale?