Se la presunzione d’innocenza è un diritto sacrosanto per indagati e imputati, il diritto di cronaca è sancito dalla Costituzione. Di quale sia il giusto equilibrio – un tema di stretta attualità dopo l’entrata in vigore del decreto Cartabia, che di fatto limita la possibilità per i giornalisti di informare su fatti di cronaca e sull’attività giudiziaria – si è discusso nei giorni scorsi in un incontro organizzato dall’Ordine nazionale dei giornalisti e dal Consiglio nazionale forense, a cui ha partecipato on line anche il Sindacato giornalisti Veneto.
«Informare è un dovere dei magistrati – ha detto il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi -. C’è un diritto della collettività a essere informati attraverso i mediatori, i giornalisti. Il magistrato che svolge una funzione pubblica ha il dovere di rispondere ad una richiesta di informazioni».
Salvi, che ha sottolineato come le ordinanze di custodia siano pubbliche, e quindi pubblicabili, ha rimarcato che non può essere il procuratore della Repubblica a stabilire ciò che è d’interesse pubblico, e come lo stesso procuratore debba rispondere alle domande dei giornalisti nelle forme consentite.
E se dall’Ordine dei giornalisti, con il presidente Carlo Bartoli e il componente della giunta esecutiva Gianluca Amadori, sono arrivate pesanti critiche al decreto, la presidente del Consiglio nazionale forense Maria Masi è convenuta sul fatto che «è necessario un bilanciamento fra i due diritti».
Un’occasione preziosa di approfondimento e di confronto schietto, con le domande poste fra gli altri da Luigi Ferrarella, giudiziarista del Corriere della Sera, su un tema quanto mai dibattuto nelle redazioni di tutta Italia, sempre più in difficoltà nei rapporti con le forze di polizia e con le Procure, a seguito dell’applicazione del decreto legislativo 188/2021 interpretato dai legislatori prima e poi nella quotidianità della cronaca dai procuratori più come un bavaglio alla stampa che uno strumento di tutela dell’indagato come doveva essere secondo la direttiva europea da cui discende.
Tanto la Fnsi quanto l’Ordine si sono subito mobilitati per fare correggere questa “stortura” tutta italiana, la quale è stata denunciata anche in sede europea dallo stesso segretario Raffaele Lorusso.
Di seguito, per chi desideri approfondire la questione, il saggio della professoressa Marina Castellaneta, docente di diritto internazionale all’università di Bari, che ha partecipato al convegno tematico organizzato a Mestre da Sgv lo scorso febbraio.
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