“La previdenza dei giornalisti è diventata come il calcio, tutti pensano di sapere tutto e ne parlano al bar come si trattasse della partita della domenica. Girano notizie molto aggressive e se non sono false sono molto tendenziose e fanno male in primis all’Istituto. Le cose non vanno bene non perché l’Istituto sia gestito male ma perché non c’è lavoro: il che si traduce in mancanza di ricavi e cioè in contributi che non entrano. Semplice, banale? Vero. E chi dice altro sa di mistificare la realtà. In atto vi è un attacco senza precedenti allo scopo di cancellare l’autonomia e l’indipendenza dei giornalisti, cancellando quindi la stessa professione ”.
Un direttivo del Sindacato giornalisti Veneto molto partecipato quello che si è svolto a Padova con la presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni, e la direttrice Mimma Iorio: per i colleghi l’opportunità di interloquire direttamente per chiarire dubbi e smontare parecchie fake news. Presenti anche Massimo Zennaro e Nicola Chiarini, nell’ordine componenti del Cda Inpgi e del Comitato amministratore Inpgi2.
“Il lavoro si sta sempre più erodendo – ha continuato Macelloni – le redazioni sono sempre più piccole. In 5 anni abbiamo perso 3.000 occupati, pari al 15% della forza lavoro, una percentuale molto più alta di quello che si è verificato nel resto del mondo del lavoro. Il modello del lavoro giornalistico è in crisi e si sta trasformando in un sistema con al centro il lavoro autonomo: un fenomeno da non sottovalutare, da non considerare marginale, e soprattutto da non interpretare come transitorio; secondo me non si potrà più tornare indietro. Noi abbiamo cercato di limitare i danni con una riforma certo pesante ma EQUA, e facendo approvare la legge per allargare la platea contributiva ai comunicatori e ora ci stiamo dando da fare perché entri in vigore dal 2021 e non dal 2023”.
Macelloni si è anche scagliata contro chi propugna come miracolosa la ricetta del passaggio all’Inps o del commissario: “A me va bene, non ho un problema ideologico nei confronti di questa soluzione. Si può decidere serenamente e in tutta sincerità che quella è la soluzione finale e non si può nemmeno escludere che da qua a “x” tempo non possa esserlo sul serio. Io però vi chiedo: ma siamo sicuri che vogliamo questo? Siamo sicuri che la categoria lo voglia? La categoria ha capito cosa significa? Ho come il sospetto che si stia dicendo che noi possiamo andare all’Inps e tutto resta come è. Eh no, non è così, ci è stato detto, a tutti i tavoli tecnici a cui abbiamo partecipato, in tutte le salse. Il nostro sistema non verrebbe assolutamente mantenuto in piedi!”.
Macelloni ha quindi elencato le “differenze” con l’Inps:
Giornalisti in attività: chi sta lavorando e ha pensioni calcolate pro quota retributivo/contributivo, avranno subito applicato il calcolo contributivo dal ’96 con la clausola di salvaguardia al 2 per cento.
– pensioni: in media meno 30 per cento.
– indennità di disoccupazione: la nostra vale il 28 per cento in più della NASPI. È stato detto che abbiamo tagliato del 5 per cento? Andiamo all’Inps: meno 28 per cento.
– infortunio professionale ed extra professionale, soprattutto l’extra, che è quello che viene usato di più. Sarà pari a zero, perché secondo l’Inail la categoria dei giornalisti non è soggetta a infortuni, neanche professionali, figuriamoci i non professionali!
– pensioni di anzianità: 62 anni, 40 anni e 5 mesi di contributi. All’Inps sono 41 anni e 10 mesi per le donne, 43 anni e tre mesi per gli uomini. Mi direte: ma c’è quota 100. È vero, per il momento c’è fino al 2021, poi si vedrà.
Pensionati: trovo difficile che l’Inps possa procedere al ricalcolo delle pensioni in essere perché così come saremo noi sottoposti a un forte contenzioso, lo sarebbe anche l’Inps. Tuttavia, quando ti senti dire dagli interlocutori che in fondo noi costiamo 600 milioni l’anno e i contributi che arriverebbero non sarebbero minimamente sufficienti a pagare quei 600 milioni l’anno, essendo per di più in calo di anno in anno, quindi sempre meno sufficienti a pagare quelle prestazioni, ti viene il dubbio che magari un pensierino anche sulle prestazioni in essere lo potrebbero fare. In ogni caso, qualcuno lo ha già detto, la quattordicesima non c’è e quindi la diminuzione secca è già di oltre il 9%
– reversibilità: noi siamo al 75 per cento, l’Inps al 60 per cento.
– contributo di solidarietà: il nostro finisce a marzo, quello dell’Inps va avanti fino al 2023 e lo avreste subito e tutto, per le pensioni sopra i 100 mila euro, ed è molto più pesante.
– superinvalidità e case di riposo, non ne parliamo proprio.
Gestione separata
I cococo all’Inpgi adesso versano il 28 per cento perché c’è anche l’aliquota che copre la dis-coll, la disoccupazione. All’Inps, sempre con l’aliquota che copre la dis-coll, siamo al 34,23 per cento.
le partite Iva: da noi versano il 12 per cento più il 4 per cento a carico dei datori di lavoro; l’Inps è al 25,72 comprensivo del 4 per cento di rivalsa sui datori di lavori.
infortuni professionali: è stata da poco approvata la riforma della Gestione separata, li abbiamo anche per i cococo, all’Inps no.
Rapporto con l’Ente: all’Inpgi filo diretto con gli uffici e risposte in tempo reale, all’Ipns solo rapporti via mail o con i Caf
“Qualcuno mi potrebbe dire – ha quindi ripreso Macelloni – tu vuoi mantenere in piedi un sistema di privilegi di questa categoria che palesemente non ti puoi più permettere. Io preferisco non chiamarli privilegi, bensì tutele e tutele di un lavoro particolare che necessita di una protezione in più e, secondo me, tutto questo sistema di tutele e di welfare garantisce quella protezione che per me è indispensabile all’esercizio autonomo e libero di questo mestiere”
E in conclusione: “Vi chiedo: ma 15mila iscritti su 20 e rotti milioni, cioè lo zero virgola, ad infinito, zero per cento, quanto conteranno dentro l’Inps, quanto peso avranno? Zero dal punto di vista della governance e questo lo dico sia per noi che per gli editori. Ma quanto tempo passerà prima che a qualcuno venga il dubbio che il Contratto nazionale di lavoro di una categoria che rappresenta lo zero virgola zero per cento abbia ancora senso? Secondo me pochissimo. Quanto tempo passerà prima che la rappresentanza sindacale non sia più della Federazione Nazionale della Stampa – con tutti i giudizi positivi o negativi che ne possiamo dare – ma passi magari ai Confederali? Perché dovremmo avere un sindacato autonomo? Perché, se siamo niente in questo mare? Questi due milioni che noi oggi paghiamo alle Associazioni di stampa, con grande dispiacere di molti, non li terremmo in cassa, andrebbero ai Patronati dei Sindacati Confederali. Ci serve? Lo vogliamo? Sono questi che salvano il bilancio?”