PREMIO “PENNA D’OCA” PAOLO GABRIELLI 2010

MARCO DALLA DEA

Con il servizio “Cronaca di un’alluvione” ha affrontato un tema di grande attualità, raccontando la realtà sociale ed economica di Casalserugo in presa diretta con stile asciutto e dettagliato, grazie a testimonianze e a un lavoro evidentemente compiuto sul campo. Straordinaria la capacità di far vivere attraverso le parole immagini ed emozioni di quei giorni.


L'ITALIA SI ACCORGE DELLA CALAMITÀ SOLO DOPO IL MONITO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

CRONACA DI UN'ALLUVIONE di Marco Della Dea

Il racconto di un cronista locale mette a nudo le disfunzioni della macchina dei soccorsi della protezione civile e la grande dedizione dei volontari


Ho imparato che gli animali sono i primi a scappare, sotto l'alluvione. Le coccinelle si inerpicano sul muro. I gatti salgono in alto. I labrador nuotano verso la banchina della strada, così come le talpe, sorprendenti mezzofondiste a pelo d'acqua. Le vacche no. Quelle vanno a fondo. «Affogano per il culo», precisa un allevatore. Piange. Sta cercando di mettere in salvo le mucche da latte della sua stalla a conduzione familiare. «Non riescono a chiudere lo sfintere, si riempiono d'acqua, e vanno sotto». Verità o leggenda? Non lo so, ma cosa non si sente, durante un'alluvione. E gli uomini? Loro provano a mettere in salvo un po' di roba, prima di scappare.

Siamo a Casalserugo, provincia di Padova, 12 chilometri e 100 metri esatti da piazza dei Signori, il centro del capoluogo veneto, una delle città più ricche d'Italia, ma sembra un altro mondo. Alle 10 di mattina di martedì 2 novembre, ci sono già sessanta centimetri d'acqua nei punti più bassi del comune. E sale. Il fiume Bacchighione, grossissimo per la piena, ha rotto gli argini. Uno squarcio: 14 metri di argine venuti giù, e il fiume si getta fuori a tutta forza. Da lì alle case è un tiro di schioppo.

Alle 11 la melma è sulla soglia di casa. Alle 12, la gente dice addio ai divani del salotto buono. Il genio civile prova a tappare il buco a suon di rocce, terra e inerti. Dopo i primi tentativi, è chiaro che non c'è niente da fare: «Troppa pressione! Troppa pressione!», grida un vigile del fuoco, uno di quelli delle Marche, venuti qui a dar man forte. Gli ingegneri del genio, più composti, si limitano a scuoter la testa. Tra le 10 e le 13, transitano dodici camion rimorchio pieni di massi e terra, sversano nello squarcio, il fiume gorgoglia, si ingobbisce, e porta via tutto. Rimorchio dopo rimorchio, la storia è la stessa: «Troppa pressione! Troppa pressione!». A sera, il buco è di oltre 45 metri, mezzo campo da calcio.

Ci saranno 150-200 case, nelle immediate vicinanze dello squarcio. Ma la zona interessata è più ampia, si parla di oltre 1.500 persone, nonni compresi. Le famiglie vengono evacuate al palazzetto di Casalserugo fin dalle 5 di mattina, ma alle 10 l'acqua è troppo vicina e arriva il contrordine: «Viene giù l'argine, vi portiamo tutti a Legnaro». Ma la gente non vuole andare. C'è da salvare la casa. Provare a fermar l'acqua. Servirebbero delle barriere, sacchetti di sabbia. Ma non c'è niente. «Se riuscite, arrangiatevi, perché mi sa che non arriva nessuno...», dice costernato il carabiniere alla guida di una Punto che fatica a venir fuori dall'acqua.

E LA PROTEZIONE CIVILE? Dopo poco la protezione civile scarica dei sacchi di juta con su scritto: «Magistrato alle acque di Venezia». Quelli che dovrebbero proteggerti dall'acqua. Già, ma la sabbia? Con cosa dovrei riempirli, questi dannati sacchi? Non lo sanno. «Provate a chiamare giù in Comune!», suggerisce il sindaco di Casalserugo, Elisa Venturini, sconvolta per la notte passata in bianco, sul sedile di una Land Rover del genio. Signor sindaco, ma non avete una radio? Non potreste chiamar qualcuno voi? «Ma che radio! Abbiamo i cellulari, quando prendono...».

Ognuno si arrangia come può, gambe nell’acqua a spostare mobili e vecchi. Ognuno per conto suo, alla veneta maniera: «Con 'ste braccia gò spostà 50 sacchi de sabia», dice uno, intanto che la casa gli affonda sotto i piedi. Quello che manca è il coordinamento. Nessuno sa niente. Non ci sono informazioni. Le strade vengono chiuse e poi riaperte. I pompieri vengono da fuori, e se gli chiedi «è praticabile via Sperona?», quelli ti rispondono: «Son di Ancona, non lo so». Ci si aiuta tra vicini. Uno salva un televisore al plasma, l'altro prova a spostare la macchina. «Troppo tardi, è nel pantano, non vedo più dov'è il fosso», dice M. D., che abbandona la sua Fiat Punto Evo «sperando che non salga troppo fango...».

I sacchetti della protezione civile continuano a galleggiare vuoti, finché N. F., commerciante in materiali edili, non apre le porte del suo magazzino alla gente: «Prendete, usate tutto quello che serve». Ecco la sabbia per i sacchetti. Ecco che si può cercar di tappare qualche porta. Ma sono le 12, e l'acqua è alle finestre. E l'acqua, si sa, non si ferma. Muri di sabbia crollano. La melma avanza, entra nelle logge e poi fin dentro casa. «Si è rotto l'argine e ora son problemi!», scrive su Facebook il vicesindaco di Padova, Ivo Rossi. Altro che problemi. «Cucina da buttare: 3.000 euro. Casetta in legno: 2.000 ì. Moto Guzzi sotto acqua: 4.000 curo. Medicine di nonna: 500 curo». La gente comincia a farsi i conti in tasca, una bestemmia e un segno della croce sempre a portata di mano, d'altronde siamo in Veneto. La gente si ricorda del '66 e non ha bisogno di dichiarare lo stato di calamità: se lo trova in casa, allo stato liquido, freddo, inarrestabile all'altezza delle ginocchia, della cintura, del petto... «È ora di scappare!». La gente si chiede: come mai non c'è nessuno ad aiutare, qui a Casalserugo? Siamo in una delle province più ricche d'Italia, abbiamo duemila sfollati, come mai il Tg I non ne parla? Perché non mandano qualcuno? La gente si guarda attorno e vede tre pompieri, un signore del genio, due carabinieri, un sindaco senza radio e un municipale col motorino, che fanno su e giù per argini sotto i quali vivono duemila persone. Vanno avanti col cuore... Ma il cervello dov'è? C'è da qualche parte qualcuno che abbia una visione d'insieme? Pare proprio di no.

COME LE MUCCHE «Bertolaso e quegli altri che comandano sono tutti a far le passerelle davanti alle Tv locali...», constata il poliziotto municipale, prima di andarsene col Piaggio che quasi gli galleggia via da sotto il sedere. La gente si arrabbia. «Ma cosa dobbiamo fare?», chiede M. P., casa comprata un anno e tre mesi fa a pochi passi dal ponte della Riviera, un mutuo trentennale al collo. Tutto sotto acqua: i pavimenti del piano terra son da buttare, il parquet si gonfia e salta, ottomila euro di listoni che spariscono giù per la melma, e tanti saluti.

«Signori, state calmi!», dice uno da una camionetta bianca. «Ma dobbiamo andarcene?», gli chiedono di rimando quelli, nell'acqua fino alla cintola, il cappotto buono addosso e un gatto sotto il braccio. «Non lo sappiamo - si sentono rispondere dalla camionetta - Non ci hanno comunicato niente. Oddio, in linea di massima sarebbe meglio se ve ne andaste, ma prima conviene che mettiate un po' di sacchetti davanti alle porte...».
*Ci si sente come le mucche, nei pressi dell'argine di Casalserugo. Bagnati e presi per il culo
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PS: Tra il l e ii 4 novembre, nella provincia di Padova ci sono stati più di 2.000 sfollati. Oltre 5.000 in tutto il Veneto.

Pubblicato su Libertà Anno 60° nr 12. Dicembre 2010