"Un decreto anticostituzionale che depotenzia la lotta alla criminalità"
25/05/10 19:31 Filed in: Note
Trenta direttori di altrettante testate giornalistiche, riuniti ieri a Roma nella sede della Federazione Nazionale della Stampa, hanno detto no al bavaglio alla stampa contenuto nel testo del testo del disegno di legge Alfano sulle intercettazioni. Ma la Commissione Giustizia del Senato ha tirato diritto e alle 3 di lunedì notte ha sfornato un testo che viola l’articolo 21 della Costituzione e depotenzia l’attività delle Forze dell’ordine nella lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione. E lunedì 31 maggio si va in aula per la discussione con tempi contingentati.
Trenta direttori di altrettante testate giornalistiche, riuniti ieri a Roma nella sede della Federazione Nazionale della Stampa, hanno detto no al bavaglio alla stampa contenuto nel testo del disegno di legge Alfano sulle intercettazioni. Ma la Commissione Giustizia del Senato ha tirato diritto e alle 3 di lunedì notte ha sfornato un testo che viola l’articolo 21 della Costituzione e depotenzia l’attività delle Forze dell’ordine nella lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione. E lunedì 31 maggio si va in aula per la discussione con tempi contingentati.
Carcere per i giornalisti che pubblicheranno anche il sunto di procedimenti giudiziari in corso, sanzioni economiche fino a quasi 500 mila euro agli editori che le pubblicheranno. Forti limiti alle intercettazioni. Una vera intimidazione contro la liberta di stampa ma quel che è peggio, contro il diritto dei cittadini ad essere informati. “Un provvedimento liberticida e anticostituzionale”: Ad affermarlo non è Antonio Padellaro direttore de “Il Fatto Quotidiano”, ma Vittorio Feltri direttore de “Il Giornale”. Quindi il fronte anti bavaglio è generale. "I direttori e le redazioni dei giornali italiani, con la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, denunciano il pericolo del disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche per la libera e completa informazione. Questo disegno di legge penalizza e vanifica il diritto di cronaca, impedendo a giornali e notiziari (new media inclusi) di dare notizie delle inchieste giudiziarie - comprese quelle che riguardano la grande criminalità - fino all’udienza preliminare, cioè per un periodo che in Italia va dai 3 ai 6 anni e, per alcuni casi, fino a 10. Le norme proposte violano il diritto fondamentale dei cittadini a conoscere e sapere, cioè ad essere informati”. Recita la nota-appello al Parlamento dei direttori di quotidiani come il Corriere della Sera, Il Sole 24 ore, Il Giornale, L’Unità, da Concita de Gregorio e Norma Rangeri a Vittorio Feltri. “Contrari e preoccupati” si definiscono gli editori per bocca del Presidente della Fieg Carlo Malinconico.
La Proposta della Fnsi, consapevole della necessità di difendere sia il diritto alla riservatezza, sia il diritto di cronaca, ha trovato ampie convergenze tra i direttori convenuti a Roma e al Circolo della Stampa di Milano in videoconferenza. In sintesi, la Fnsi propone si tenga un “udienza filtro” dove le parti, esaminati gli atti, comprese le eventuali intercettazioni legali, decidano cosa è pertinente al procedimento in atto e quindi può essere reso pubblico, e cosa non riguarda le indagini e che va quindi “secretato” al fine di proteggere la privacy delle persone indagate o non indagate.
La mobilitazione dei giornalisti anche ai massimi livelli della professione, e una forte opposizione nel paese attraverso i social network e annunciata in Parlamento dalle opposizioni, hanno convinto il Governo a rivedere i punti più contestati. Il Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha affermato al Tg1 che “per favorire il dialogo, verrà portato in aula del Senato il testo licenziato dalla Camera dei Deputati, quindi senza gli emendamenti proposti dal Governo e dal relatore, che sono stati contestati”. Ma è bene sapere che il testo approvato l’11 giugno 2009, prevede, come quello licenziato stanotte, il carcere per i giornalisti e il divieto di pubblicare tutto quel che riguarda gli atti, ma anche le attività d’indagine di un procedimento penale fino all’Udienza preliminare. L’articolo 26 del disegno di legge del giugno dello scorso anno dispone infatti che “chiunque mediante modalità o attività illecita prenda diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti dal segreto è punito con la pena della reclusione da uno a tre anni”. E se pubblica sarà sospeso dalla professione fino a tre mesi. Quindi, l’apertura del Governo ad un dibattito parlamentare in aula rappresenta uno spiraglio aperto dalla mobilitazione, ma la discussione deve andare ben oltre il testo licenziato dalla Camera per modificare a fondo le norme bavaglio, e coniugare il rispetto dell’articolo 15 della Costituzione con l’articolo 21, cosa possibile attuando la proposta della Fnsi sull’udienza filtro. Venerdì a Venezia, ore 10.30, nella sede di Campo San Polo (calle Pezzana), si terrà una manifestazione dibattito sul ddl Alfano. Un’occasione per intensificare la mobilitazione in vista del dibattito in aula che si apre lunedì 31 a Montecitorio.
Enrico Ferri
Vicesegretario nazionale della Fnsi
Carcere per i giornalisti che pubblicheranno anche il sunto di procedimenti giudiziari in corso, sanzioni economiche fino a quasi 500 mila euro agli editori che le pubblicheranno. Forti limiti alle intercettazioni. Una vera intimidazione contro la liberta di stampa ma quel che è peggio, contro il diritto dei cittadini ad essere informati. “Un provvedimento liberticida e anticostituzionale”: Ad affermarlo non è Antonio Padellaro direttore de “Il Fatto Quotidiano”, ma Vittorio Feltri direttore de “Il Giornale”. Quindi il fronte anti bavaglio è generale. "I direttori e le redazioni dei giornali italiani, con la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, denunciano il pericolo del disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche per la libera e completa informazione. Questo disegno di legge penalizza e vanifica il diritto di cronaca, impedendo a giornali e notiziari (new media inclusi) di dare notizie delle inchieste giudiziarie - comprese quelle che riguardano la grande criminalità - fino all’udienza preliminare, cioè per un periodo che in Italia va dai 3 ai 6 anni e, per alcuni casi, fino a 10. Le norme proposte violano il diritto fondamentale dei cittadini a conoscere e sapere, cioè ad essere informati”. Recita la nota-appello al Parlamento dei direttori di quotidiani come il Corriere della Sera, Il Sole 24 ore, Il Giornale, L’Unità, da Concita de Gregorio e Norma Rangeri a Vittorio Feltri. “Contrari e preoccupati” si definiscono gli editori per bocca del Presidente della Fieg Carlo Malinconico.
La Proposta della Fnsi, consapevole della necessità di difendere sia il diritto alla riservatezza, sia il diritto di cronaca, ha trovato ampie convergenze tra i direttori convenuti a Roma e al Circolo della Stampa di Milano in videoconferenza. In sintesi, la Fnsi propone si tenga un “udienza filtro” dove le parti, esaminati gli atti, comprese le eventuali intercettazioni legali, decidano cosa è pertinente al procedimento in atto e quindi può essere reso pubblico, e cosa non riguarda le indagini e che va quindi “secretato” al fine di proteggere la privacy delle persone indagate o non indagate.
La mobilitazione dei giornalisti anche ai massimi livelli della professione, e una forte opposizione nel paese attraverso i social network e annunciata in Parlamento dalle opposizioni, hanno convinto il Governo a rivedere i punti più contestati. Il Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha affermato al Tg1 che “per favorire il dialogo, verrà portato in aula del Senato il testo licenziato dalla Camera dei Deputati, quindi senza gli emendamenti proposti dal Governo e dal relatore, che sono stati contestati”. Ma è bene sapere che il testo approvato l’11 giugno 2009, prevede, come quello licenziato stanotte, il carcere per i giornalisti e il divieto di pubblicare tutto quel che riguarda gli atti, ma anche le attività d’indagine di un procedimento penale fino all’Udienza preliminare. L’articolo 26 del disegno di legge del giugno dello scorso anno dispone infatti che “chiunque mediante modalità o attività illecita prenda diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti dal segreto è punito con la pena della reclusione da uno a tre anni”. E se pubblica sarà sospeso dalla professione fino a tre mesi. Quindi, l’apertura del Governo ad un dibattito parlamentare in aula rappresenta uno spiraglio aperto dalla mobilitazione, ma la discussione deve andare ben oltre il testo licenziato dalla Camera per modificare a fondo le norme bavaglio, e coniugare il rispetto dell’articolo 15 della Costituzione con l’articolo 21, cosa possibile attuando la proposta della Fnsi sull’udienza filtro. Venerdì a Venezia, ore 10.30, nella sede di Campo San Polo (calle Pezzana), si terrà una manifestazione dibattito sul ddl Alfano. Un’occasione per intensificare la mobilitazione in vista del dibattito in aula che si apre lunedì 31 a Montecitorio.
Enrico Ferri
Vicesegretario nazionale della Fnsi